martedì 13 settembre 2011

Traversata Carnica - Agosto 2011



TRAVERSATA CARNICA – IL MIO NEPAL

Il giorno prima - premesse
Si parte! Domani si parte: vado a fare la Traversata Carnica, ovvero “il mio Nepal”, come ho ribattezzato il mio viaggio dopo aver messo da parte quest’anno un viaggio in Nepal; prima o poi ci andrò. Ma perché proprio la Traversata Carnica? Prima di tutto perché sono anni che, guardando le cartine escursionistiche della mia regione mi imbatto spesso nel suo percorso, una di quelle cose che dici: una volta o l’altra devo trovare una-due settimane e fare questo percorso, così vicino a casa; per i non frequentatori della montagna dirò che si tratta di un percorso di trekking, un attraversamento della catena delle Alpi Carniche da Ovest a Est, o viceversa se preferite; tale percorso inizia in quel di San Candido (BZ) e finisce a Tarvisio (UD), attraversando tutte le montagne che si trovano sulla cresta del confine italo-austriaco. Durante il percorso vi sono diversi punti dove appoggiarsi per la notte: rifugi gestiti, bivacchi,malghe e casere; un’altra cosa da sottolineare è che vi è un analogo percorso dalla parte austriaca denominato “Karnischer Hohenweg” il cui tragitto scorre quasi parallelo possiamo dire alla TC, peraltro diversi tratti sono comuni nel percorso; di conseguenza si cammina anche molto spesso in territorio austriaco. Un’ idea delle distanze: se facciamo in auto il tragitto da San Candido a Tarvisio sono circa 160 km… su per le montagne probabilmente meno, ma almeno 120 penso che ci siano tutti, senza contare i dislivelli notevoli che bisogna affrontare, considerando che ci sono alcuni passaggi a 2600 mt di altitudine; pertanto calcolo che la durata della traversata per un camminatore medio come me possa essere di 9-12 giorni, a seconda delle condizioni climatiche: stavolta non desidero camminare troppo veloce, ho voglia di soffermarmi a guardare i panorami ed a meditare, per vivere più intensamente questo tipo di esperienza. Un altro motivo che mi induce ad intraprendere questo cammino è la già discreta conoscenza che ho delle zone e dell’ambiente che andrò ad affrontare, quindi stavolta vedrò zone magari non sconosciute ma da un altro punto di vista e attraversando le montagne in senso longitudinale. Poi come detto ho proprio bisogno in questo momento di lasciar andare i pensieri ed abbandonarmi alla natura, dato che ultimamente sto attraversando un periodo particolare, sotto diversi punti di vista; niente di troppo grave ma devo recuperare la lucidità giusta per affrontare alcune insidie e credo che questo cammino mi potrà aiutare. Non ultima, poi, la decisione di intraprendere il viaggio in solitaria, scelta che so già sollevare la disapprovazione di chi mi sta accanto, madre e morosa; Patrizia ormai sembra aver imparato a sopportare la mia cocciutaggine e la ringrazio per questo; da solo anche perché non è facile coinvolgere altre persone in questo tipo di attività, allora via lo stesso!  Ad ogni modo sono certo che troverò molte persone gentili, simpatiche e amanti dellla montagna, così sarà infatti . A questo punto bando alle ciance e comincio a preparare lo zaino.


1.       TAPPA: SAN CANDIDO-SILLIANERHUETTE
Sveglia alle 6, partenza a piedi da casa alle 7 verso la stazione dei pullman di Udine; la corriera parte alle 8 per arrivare verso le 11.40 a San Candido: è un percorso che ho fatto tante volte, soprattutto in inverno andando a sciare in Val Pusteria; mai come stavolta però devo dire me lo sono gustato dal finestrino della corriera la vita scorre lenta e i posti che d’inverno mi sembravano così grigi e freddi adesso in estate mi sembrano davvero molto più belli; parecchia gente per le strade e nei paesi di montagna, del resto siamo il 14 agosto. Lo zaino pesa tanto, già ieri appena pronto ho provato a sollevarlo e mi sono spaventato:  come farò a portare questo coso sulle spalle per oltre una settimana, su per le montagne poi? Ma me ne sono fatto una ragione, del resto sono tutte cose assolutamente necessarie, non posso fare a meno di portare nulla di quello che ci ho messo dentro, tutte cose che verranno regolarmente utilizzate durante il viaggio. Arrivo a San Candido, attraverso il centro dove c’è gente a prendere l’aperitivo o a fare il passeggio, trovo il sentiero nr. 4: è l’inizio del mio percorso, che sale in un bel bosco di larici ed abeti con una lieve pendenza, proprio l’ideale per iniziare, considerando anche che devo farmi circa 1200 mt di dislivello ed è già mezzogiorno, va bene così; sul facile sentiero all’inizio diversi villeggianti, alcuni salutano, altri no, diverse famiglie con bambini; continuando a salire la pendenza si accentua e la fatica si fa sentire un po’. Giunti alla stazione della funivia del Monte Elmo improvvisamente la gente si moltiplica, ma vanno quasi tutti verso il Rifugio Gallo Cedrone, mentre io proseguo un po’ più su, fino al rifugio austriaco Sillianerhuette. Non ho menzionato che montagne mi si offrono alla vista: tra tutte le Tre Cime di Lavaredo, qui dal versante Sud-Ovest, il Monte Popera, la Croda dei Toni e tutta la catena delle Dolomiti di Sesto. La prenotazione al rifugio è ok, per ora non c’è molto da fare se non star fuori, e comincia già a fare un certo frescolino, dato che siamo a 2440 mt di altitudine, e aspettare la cena che, in perfetto stile austriaco, si fa alle ore 18; ma va bene, che ho fame, così domani si parte anche presto . Il mio menù serale: goulasch di cervo con canederli, birra Stiegl da mezzo, lusso! Come prima giornata siamo a posto.


2.       TAPPA: SILLIANERHUETTE-BIVACCO PIVA
Piove, porca miseria. E non sembra voler smettere a breve: attendo in rifugio una mezz'ora, sperando che molli un po’ ma così non è; decido di indossare la mantella antipioggia (detta anche poncho), ispirato dal fatto che già altri stanno partendo nella mia direzione sotto la pioggia, l’alternativa è rimanere in rifugio e non ho proprio voglia di fermarmi già all’inizio. Quindi parto e non è poi così terribile, piove abbastanza leggermente e non ci si bagna più di tanto. Dopo mezz’ora smette addirittura, tolgo la mantella, ma poco più avanti ricomincia di nuovo, su la mantella di nuovo, sarà così per tutto il giorno. Un vero peccato che si sia sollevata una certa nebbia che mi impedisce di godere dei sicuramente bellissimi panorami che mi si staglierebbero sui due versanti del sentiero; si viaggia ben oltre i 2000 mt; d’altronde in montagna può capitare che piova e bisogna farsene una ragione, anche perché altrimenti si morirebbe di rabbia e non è il caso. Una nota invece molto positiva è che raggiungo un altro Traversatore, Davide di Bologna, che per due giorni e mezzo sarà mio gradito compagno di viaggio. Ecco quindi che già dal secondo giorno c’è un po’ di compagnia. La frazione continua sotto la pioggia, ora più battente; il percorso è bello e vario, anzi diciamo che c’è pure troppo dislivello e il sentiero invece di passare sotto certe montagne ci va proprio in cima, visto il clima se ci fosse stata un’alternativa più veloce l’avrei anche presa, ma quello è il sentiero e quello si deve fare. Dopo circa otto ore e mezza di cammino, soste comprese, arriviamo al Bivacco Piva, dove troviamo due giovani arrampicatori: Andrea ed Angelo, con cui passeremo un po’ di tempo e la notte al bivacco; A me è venuta una fame becca, così apro i miei tranci di speck e prosciutto che mi sono portato da casa e, tagliandoli a mano con il coltello, operazione non proprio semplice per quanto riguarda lo speck, ne offro ai miei compagni di bivacco. Una volta mangiato, sono appena le sette di sera, mi butto sul sacco a pelo, da notare che nel bivacco ci sono solo reti per il letto ma non materassini e coperte, quindi lascio immaginare come dev’essere dormire su una rete nuda con sopra il sacco a pelo, roba da fachiri; così che dopo qualche centinaio di spostamenti del mio corpo, mò a schiena, mò su un fianco, mò sull’altro, decido di dormire sul pavimento di legno, ed è un’ottima scelta alla fine; meglio sarebbe stato portarsi un materassino, ma questa è un’altra storia. Mi risveglio, anzi mi rialzo l’indomani alle 7, passando quindi quasi 12 ore disteso; non ho idea di quanto posso aver dormito, non molto sicuramente e in frazioni di un quarto d’ora alla volta; comunque non mi sento poi così male per fortuna. Pronto per ripartire.


3.     TAPPA: BIVACCO PIVA-RIFUGIO CALVI
Bel  tempo, per fortuna. Tappone lunghissimo, troppo lungo, ho le vesciche sulle caviglie fin dal primo giorno, la situazione piedi peggiora: ora mi fan male anche le piante, cammino davvero a fatica e Davide mi deve aspettare spesso. Partiamo, valichiamo il primo monte, il Palombino, una bella cima panoramica di 2600 mt, poi scendiamo gradualmente verso la zona di Val Visdende e la cosiddetta Strada delle Malghe, ne incroceremo una decina durante la tappa; alla prima di queste, noto che c’è una persona all’interno, avendo una voglia matta di caffè, chiedo se ce ne fanno un paio; la malga è gestita nei mesi estivi da un simpatico giovane marocchino, che non esita un attimo a farci i due caffè: la soddisfazione e la goduria di un gesto come questo in un quel momento non hanno prezzo, ma dopo aver sorseggiato con piacere la bevanda mi appresto a pagarla, pensando anche che si trattasse di una di quelle malghe gestite, che cioè fanno servizio di ristoro, invece non è così e il marocchino ci ha offerto il caffè del tutto senza interesse, solo perché gliel’abbiamo chiesto, tra l’altro è stato ben felice di spendere quattro chiacchiere con degli umani invece che con le mucche con cui ha a che fare tutto il giorno; ci invita anche a mangiare una pastasciutta insieme a lui, decliniamo l’invito sia per rimaner leggeri che per non approfittare, ma che gesto! Dio ti benedica ragazzo. In una delle ultime malghe che oltrepassiamo troviamo un gruppo di begli asinelli, probabilmente li allevano, anche se non c’è traccia dell’allevatore. I panorami della tappa nel suo insieme sono certamente molto interessanti.   Avendo calcolato troppo frettolosamente o forse sottovalatutato dislivello e distanze, sono arrivato alla fine della giornata allo stremo delle forze; non so davvero dove sia riuscito a trovare le energie per affrontare le ultime salite; salite che normalmente affronto di slancio quando devo farle singolarmente e al fresco del mattino, ma dopo aver camminato per ore e ore la fatica e la lucidità non aiutano. Verso le 20.30 con le prime ombre della sera, dopo circa 12 (dodici) ore e mezza di cammino, arriviamo al bel Rifugio Calvi, ai piedi del Monte Peralba, montagna peraltro a me molto cara e che ho avuto modo di salire già per 3 volte finora; i gestori (carnici)  ci accolgono davvero molto gentilmente, nonostante l’ora tarda per mangiare in rifugio ci lasciano andare a lavarci (acqua fredda naturalmente) e alle nove attacchiamo a mangiare: primo (minestra di verdure con crostini, caldissima) secondo (bocconcini di manzo al kummel e roesti, cioè patate arrostite) e contorno (insalata mista), il tutto annaffiato da una bella birra da mezzo (HB) e per finire una buona grappetta digestiva. Diciamo che ci voleva proprio tutto quanto, che mangiata! Unica nota: lo stato dei miei piedi è sempre più preoccupante. A nanna in un bel letto da rifugio con un materasso, e anche questo ci voleva!

4.       TAPPA: RIFUGIO CALVI – RIFUGIO LAMBERTENGHI
Ancora bel tempo. Spaventato per lo stato dei piedi, faccio fatica anche a camminare e scendere dalle scale, ma ho dormito bene e riempito la pancia a dovere, faccio la barba, altra cosa che amo;  scendo a colazione con Davide e poi si parte. Si sale subito al Passo Sesis, per poi scendere gradualmente verso alcune malghe (Fleons, Bordaglia, Sìssanis): in una c’era il malgaro con i secchi che preparava il latte per fare il formaggio, mentre attorno pascolavano le mucche. Faccio fatica a camminare, i piedi mi dolgono e procedo piuttosto lentamente. Poco prima del Passo Giramondo, io e Davide facciamo l’ultima sosta insieme, dopodiché decidiamo a malincuore di separarci, lui ha poco tempo ed è molto in forma, può camminare tutti i giorni anche 11-12 ore, io devo ridimensionare le distanze delle tappe o non riuscirò ad andare avanti senza soffrire. Ci salutiamo con la promessa di sentirci e inviarci un po’ di foto di montagna, soprattutto quelle riguardanti i due giorni passati insieme. Bello fare questi incontri in montagna, grazie Davide! Ora sono di nuovo da solo sul cammino, ma passa poco tempo che incrocio quattro simpatiche tardone austriache con le quali scambio qualche chiacchiera; poi, scendendo giù dalla parte austriaca per arrivare verso il Lago Volaia, incontro una coppia di simpatici coniugi carinziani, con i quali mi metto a parlare per un po’; insomma la montagna davvero favorisce gli incontri e l’interscambio. Arrivo arrancando al Rifugio Lambertenghi Romanin, presso il bel Lago di Volaia e subito sotto la montagna più alta del Friuli Venezia Giulia, vale a dire il Monte Cogliàns (con l’accento sulla a, mi raccomando). Tempo di percorrenza della tappa, soste comprese: ore 8 e mezza. La cena di stasera e: pasta al pomodoro, salsiccia con polenta e buona birra (bicchieri della Paulaner, sarà davvero quella?). Quattro chiacchiere con gli altri avventori al rifugio e con il gestore ed è ora di andare a letto. Ah, dimenticavo, qui ho fatto anche la doccia, che bello; è incredibile come cose che nella vita di tutti i giorni ti sembrano la normalità qua in alto assumano quasi il gusto dell’impresa, e ti viene veramente da ringraziare il Signore per questo.


















5.       TAPPA: RIFUGIO LAMBERTENGHI – CASERA PAL GRANDE DI SOPRA
Dopo un’ottima colazione, parto in forze sul Sentiero Spinotti, sentiero attrezzato che avevo già percorso una volta, al cospetto del Monte Cogliàns,  scendo al rifugio Marinelli e da lì al Passo Monte Croce Carnico; valico quest’ultimo ed entro nella zona della catena del Pal Piccolo/Pal Grande; devo notare nella parte dopo il Passo Monte Croce Carnico la totale assenza di acqua per un percorso di circa tre ore, col sole a piombo rischio veramente la disidratazione, consiglio a chi deve fare questa tratta di rifornirsi o portarsi dietro una buona scorta d’acqua. Con le energie di nuovo a corto e i piedi doloranti arrivo prima a Casera Pal Grande di Sotto, dove finalmente riesco ad abbeverarmi sotto lo sguardo attonito delle mucche al pascolo, devo avere l’aspetto veramente malandato e sofferente. Saluto le mucche ed affronto l’ultimo tratto in salita fino alla Casera Pal Grande di Sopra, ottimamente rimessa a posto dal Cai di Codroipo, dove arrivo dopo circa 9 ore di cammino, soste comprese. Si tratta di una ex malga adibita a ricovero, davvero molto ben tenuta: c’è una fontana in mezzo agli stabili della casera, dove mi reco presto a lavarmi; l’acqua è fredda ma la sensazione di freschezza che ne nasce molto piacevole. Lavo anche i calzettoni da trekking che ho usato tutto il giorno (mi sto alternando con due paia di calzettoni): la puzza non va via nemmeno col sapone, ma almeno li ho rinfrescati, domani li lascerò ad asciugare facendoli penzolare dallo zaino, eh si, non c’è altro sistema visto che non mi posso fermare una giornata intera a fare il bucato e soprattutto a lasciarlo asciugare e con l’umidità anche lasciarli tutta la notte appesi in casera non basterebbe a farli asciugare. Una cena fredda con i miei viveri (speck, prosciutto, insalata di tonno e piselli in scatola)e poi a letto presto; lascio le tapparelle aperte (incredibile ci sono anche quelle, in legno verniciato) così se mi sveglierò durante la notte posso andare a guardare le stelle; ma non mi sveglierò fino l’indomani mattina quando avrà già albeggiato. Rimango quindi ancora un po’ a letto per cercare di recuperare più energie possibili.
6.       TAPPA: CASERA PAL GRANDE DI SOPRA – RIFUGIO FABIANI
Che bello lavarsi alla fontana la mattina con l’acqua fredda: invito tutti a provare per credere! Dopo una dormita di quasi 11 ore, colazione veloce e subito via, anche se sono già le 8; dovrei partire un po’ prima ma va bene anche così. La tappa odierna è volutamente più breve, in quanto sento che le forze sono quasi allo stremo. Valico  il Passo di Pal Grande, c ‘è nebbia, scollino per arrivare al bel lago di Casera Pramosio Alta, classico laghetto  di alta montagna, da cartolina; si comincia a vedere gente, la zona è molto frequentata poiché c’è una strada di servizio che porta su in auto fino a Casera Pramosio (Bassa), malga agrituristica ormai affermata e frequentata; del resto la zona è davvero molto bella, verde, aperta, con mucche e capre a pascolare tutt’intorno. Prendo il sentiero per Sella Cercevesa e scendo gradualmente verso il Rifugio Fabiani che, seguendo questo itinerario, in pratica si vede solo all’ultimo, quando ci sei già quasi arrivato. Poco male, l’importante è che ci sia posto per mangiare e, soprattutto dormire. Avevo letto sulla mia guida del trattamento molto familiare riservato agli escursionisti in questo Rifugio e infatti il gestore Carlo, coadiuvato dal figlio Riccardo, non mi smentisce accogliendomi schiettamente e caldamente nel suo rifugio. Bevo una buona aranciata fresca e chiacchiero con una coppia di triestini di passaggio. Mezz’ora più tardi si mette a piovere. Riesco a farmi una doccia ed è quasi subito ora di cena: oh che bontà: minestrone di verdura con riso, fagioli, spezie e dei deliziosi pezzi di carne affumicata, poi frico, trippe e polenta; tutto buonissimo e abbondantissimo. Assieme a me c’è anche una simpatica compagnia di persone di Oderzo, con 4 bambini che animeranno la serata. Dopo un po’ di titubanza facciamo tutti amicizia, come del resto è normale che succeda in un rifugio e finisce che giochiamo a carte tutti insieme. La serata va avanti lietamente e verso le 10, tutti stanchi per l’intensa giornata, si va a dormire. Tracce di Davide il bolognese, che ha dormito nel bivacco qua fuori la notte scorsa. Dimenticavo: tempo di tappa sette ore e mezza, sempre incluso soste, le quali tendono a farsi ormai sempre più lunghe.
7.       TAPPA: RIFUGIO FABIANI – BIVACCO LOMASTI
Maturata ormai la decisione di ultimare la mia Traversata Carnica al Passo Pramollo, causa l’ormai cronica stanchezza e il mal di piedi, meglio che non ve li mostri, fanno pietà, mi sveglio presto dopo una notte di sogni ed incubi, mi capita spesso quando mangio pesante la sera. Comunque mi preparo e faccio un’ottima colazione a base di yogurt fatto in casa (delizioso) con marmellata biologica, caffelatte e biscotti, tutto molto buono, tant’è che dopo la cena abbondante della sera precedente e la colazione, non mangerò nulla fino a sera. Un po’ di chiacchiere con gli altri ospiti che nel frattempo si alzano, saluto il buon Carlo e poi parto per la penultima tappa di questo tour. Conto di tornare al tuo rifugio,  magari con una bella compagnia, per gustare ancora le tue prelibatezze in un ambiente così bello e confortevole qual è la montagna. Stranamente le forze sembrano riprendere, dev’essere stato il cibo genuino del Carlo, mi sento bene e vado via abbastanza veloce, solamente perdo la traccia del sentiero mal segnato dopo un’ora, sprecando molte energie per divincolarmi nell’erba alta e finalmenteritrovarlo; proseguo in direzione del Passo Cason di Lanza, passando davanti a un paio di belle malghe e incrociando gente che sta facendo il picnic. Oggi non c’è problema con l’acqua, i ruscelli abbondano e quindi bevo a più non posso. La giornata poi è molto calda, il sole scotta per tutto il giorno. Incrocio un ciclista austriaco che è partito da Vienna in mountain bike, poi proseguo fino a vedere da vicino quella che considero la mia montagna preferita, e cioè la Creta d’Aip, Trogkofel il nome austriaco: ci passo letteralmente sotto, attraversandola in tutta la sua lunghezza, per poi giungere al Bivacco Lomasti (quante volte l’avevo visto sulle cartine e desiderato fermarmici per una notte), dal quale posso godere della vista della  mia montagna appunto, oltre che della vallata sottostante. Oggi fanno circa 8 ore di cammino, soste incluse; ho ancora il tempo di stendermi al sole sul prato circostante e fare conoscenza con due ragazzi tedeschi che stanno facendo anche loro la Traversata, questi però sono più strong, dormono in tenda. Mentre ormai accarezzo l’idea di dormire da solo in bivacco (sarebbe meglio, non è che sia molto grande, anzi) arrivano prima una famiglia di 4 persone e poi col buio altri 4 escursionisti, per un totale di 9 persone in un bivacco che ne può contenere al massimo 12, ma in 9 siamo già troppi per dormire bene; del resto bisogna accettare la situazione, non è che ci siano altri alberghi nelle vicinanze.

8.       TAPPA: BIVACCO LOMASTI – PASSO PRAMOLLO
Tappa breve ma caldissima, in città pare che si scoppi dal caldo; viene voglia di rimanere ma ormai la decisione è presa. Attraverso un sentiero fatto di sassi e sfasciume di roccia franato, bello ma faticoso. Poi scendo progressivamente fino al Passo Pramollo, perdendo per un po’ il sentiero in uno spiazzo pieno di mughi, ma ormai sono arrivato, fine della mia Traversata Carnica al lago di Passo Pramollo. Scendo ancora a piedi per sentiero fino alla ex caserma della guardia di finanza, poi l' intenzione è quella di trovare un passaggio fino a Pontebba, e da là prendere un treno o una corriera che mi riporti a Udine; non conosco gli orari ma ho tempo fino a sera. Invece caso vuole che la prima macchina che scende e si ferma subito sia quella di una coppia di Cividale che insisterà per riportarmi fino davanti a casa a Udine, viaggio confortevole con climatizzatore e piacevole conversazione con tema la montagna con i due coniugi. Il fatto che, appena messo fuori il pollice per fare autostop, ti si ferma una macchina con gente così disponibile, come la vogliamo chiamare: fortuna? Senza dubbio, ma questo episodio mi suggerisce una riflessione, che cioè la gente non è così brutta e cattiva, ma anzi, e insisto sul fatto che le persone che incontri in montagna sono solitamente più propense allo scambio umano. Viva la montagna quindi e viva la gente che la frequenta. Una volta a casa ricevo la gradita telefonata di Davide di Bologna, che è giunto fino a Tarvisio, concludendo quindi per intero la sua Traversata: deve aver fatto qualcosa come 11-12 ore di cammino al giorno, davvero bravo.


CONSIDERAZIONI FINALI

Intraprendere un viaggio come questo non è difficile, tuttavia bisogna prepararsi adeguatamente, sia fisicamente, quindi allenandosi per tempo con uscite giornaliere, se possibile anche di più giorni, sia mentalmente, cioè bisogna giustamente essere pronti ad affrontare almeno un minimo di possibili disagi: pioggia, caldo, situazioni dove dormire non è esattamente come essere nel proprio letto, cibo non sempre disponibile; tuttavia la quantità di appoggi nel corso del tragitto mi è sembrata adeguata, anche se ci sono dei lunghi tratti dove non si trovano rifugi o altri appoggi anche per 3 ore di cammino, quindi le tappe vanno calcolate bene, anche se si deve avere un po’ di spazio per l’improvvisazione, ovvero se sono stanco devo poter calcolare su un appoggio, altrimenti è meglio che mi fermi prima. Dalla parte austriaca della Traversata ci sono sicuramente più rifugi che bivacchi o casere, viceversa dalla parte italiana; io ho fatto un sistema misto, quindi 4 notti in rifugio e 3 in bivacco o casera, mi sembra un giusto mix di avventura/comfort; anche perché dormire in rifugio 7 notti, fatti un po’ di conti, inclusa la cena e la colazione, andiamo sui 40/45 euro a notte, se siamo soci del CAI e il rifugio è gestito dal CAI, altrimenti anche di più, quindi può risultare anche un impegno economico per alcuni non indifferente. Riguardo i posti che ho visto, niente che dire, tolta la tappa con la nebbia, ma in montagna una su otto è davvero una percentuale fortunata, giù il cappello: la nostra montagna non ha molto da invidiare a posti più celebrati, invece ha dalla sua, e io lo predico sempre, la tranquillità, cioè non si trova molta gente per i sentieri come potrebbe essere per esempio sulle Dolomiti, addirittura certe volte si vorrebbe vedere qualche anima in più. Ma va bene così, i luoghi finchè rimangono poco frequentati conservano la loro purezza, ci vorrebbe magari una giusta valorizzazione del territorio, in particolare nella parte della regione Friuli Venezia Giulia, ma questo non vuol dire che dobbiamo portarci su funivie, costruire mega-agriturismi o rendere troppo facile il raggiungimento di questi posti a una massa di persone: così come stanno le cose c’è già una specie di selezione naturale, chi è interessato a raggiungere un determinato posto farà tutto il necessario, sperando che lo faccia ancora in futuro nel rispetto dell’ambiente che va cercando. C’è da essere fiduciosi comunque. Il viaggio come era previsto nelle mie intenzioni sarebbe dovuto essere un cammino di meditazione e contemplazione: così è stato in parte, poiché la stanchezza spesso distoglie dal godersi i panorami e l’ambiente, certo questo è soggettivo, ma per me devo dire che purtroppo non è stata una passeggiata, del resto l’hanno chiamata Traversata Carnica, non Passeggiata Carnica. Forse avrei dovuto scegliere un percorso meno dispendioso, ma no… dopotutto è esattamente il percorso che avrei voluto fare, quindi non mi posso e non mi devo lamentare. E veniamo al punto dolente del mio cammino,  le scarpe e i piedi: non avrei mai immaginato quanto potesse essere determinante il rapporto con la parte inferiore del mio corpo come stavolta; eppure le scarpe che ho utilizzato sono sempre le stesse, degli scarponcini da montagna di media rigidità, non scarponi adatti alla roccia per intenderci; quindi se non mi hanno mai fatto le vesciche fino ad ora, perché proprio adesso durante questo cammino così importante? Evidentemente tutto questo mi deve insegnare qualcosa, dev’esserci un messaggio per me che deriva da questa esperienza. Comunque, tornando alle scarpe mi raccomando: sceglietele accuratamente comode e resistenti, testatele opportunamente con qualche uscita medio-lunga, almeno 3 ore di escursione alla volta, in modo da evitare sorprese di questo tipo. Bastoncini da trekking: stavolta ho scelto di lasciarli a casa, per pura questione di peso; alcune volte li avrei desiderati, altre mi avrebbero probabilmente ostacolato. Cartine da escursionismo: assolutamente le Tabacco, le migliori al mondo, immancabili e indispensabili quando siamo sulle nostre montagne (coprono comunque tutte le montagne del Triveneto, incluso tutta la zona dolomitica e fino all’Ortles). Insomma per concludere un gran bagaglio di esperienze per me, il mio pensiero lassù vola piano e si lascia trasportare dall’aria. Ringrazio tutti quelli che pazientemente avranno letto il mio racconto, buone cime a tutti gli appassionati di montagna e buona vita a tutte le persone di cuore che esistono su questa terra.

BIBLIOGRAFIA – LINKS UTILI:

Ettore Tomasi: Traversata Carnica & Karnischer Hoehenweg, edizioni Svevo Trieste
Luca Gianotti: L’arte del camminare, Ediciclo editore, Portogruaro (VE)
Per le carte da escursionismo: Casa Editrice Tabacco, Tavagnacco (UD)
www.sentierinatura.it portale specializzato in escursioni sulla montagna friulana
www.compagniadeicammini.it portale dedicato all’esperienza del cammino in generale



Gilberto Bulfoni
Udine